Perché esportare?

La motivazione chiave che spinge un’impresa ad affrontare i mercati esteri è fondamentale per il successo del progetto

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Metodologia 6. Formulazione Strategia

Se la prima motivazione per cui un’impresa avvia un percorso di internazionalizzazione è quella di sopperire alle proprie difficoltà sul mercato interno semplicemente destinando una quota della propria produzione all’estero, il nuovo percorso intrapreso dall’azienda potrà difficilmente portare ad una soluzione dei suoi problemi. Se, viceversa, la motivazione è quella di migliorare la propria competitività, allora l’impresa si sta avviando sulla giusta strada.
Naturalmente competitività e vendite sono fortemente correlate: migliorare la propria competitività crea le condizioni per un aumento delle vendite. Miglioramento della competitività o aumento delle vendite potrebbero sembrare indifferenti come prima motivazione; in realtà, la motivazione da cui origina un processo di internazionalizzazione è fondamentale.

Le azioni da attuare per aumentare la propria competitività possono risultare onerose e produrre risultati soltanto nel tempo. Tuttavia, questo onere può essere mitigato attraverso due strumenti: le ampie risorse pubbliche che sono e saranno destinate all’internazionalizzazione delle PMI, e la possibilità di accedere a servizi altamente specializzati in grado di velocizzare, a costi contenuti, il percorso dell’impresa.

Difficoltà interne e opportunità estere

Quasi sempre, le difficoltà sul mercato interno trovano ragione in uno di questi due fattori: scarsa centralità del cliente e iper-competizione.

Centralità del cliente

Spesso le PMI hanno nel prodotto/servizio il loro principale, se non unico, punto di forza. Non è l’impresa che cerca i clienti: sono i clienti a cercarla. Spesso questo vantaggio è il risultato di fattori produttivi interni (qualità, passione, sacrificio) o esterni (economie distrettuali, scarsità di offerta), che risulta ormai complesso preservare. Riuscire a mantenere il proprio posizionamento in assenza di un approccio strategico risulta, quindi, sempre più difficile.

In questo secolo, i clienti consumatori hanno iniziato a desiderare una gamma e una varietà sempre maggiore di prodotti e di servizi, in grado di suscitare emozioni sempre più intense. E si sono abituati ad essere trovati dai prodotti e servizi di loro gradimento, senza andarli a cercare. Sono quindi emersi nuovi generalizzati trend nella relazione con il consumatore, che necessita sempre più di essere seguita e coltivata. Parallelamente, i clienti imprese stanno chiedendo sempre più ai propri fornitori di essere partner strategici, partecipando ai processi di innovazione.

In questo contesto è diventato fondamentale conoscere i propri clienti, i relativi bisogni e desideri, nonché comunicare con efficacia le proprie soluzioni. In altre parole, è diventato fondamentale allargare l’attenzione dell’impresa, dal prodotto/servizio al cliente e i suoi bisogni.

Iper-competizione

La globalizzazione dell’economia mondiale ha incrementato le relazioni tra sistemi economici, aumentando il numero di competitori con cui un’impresa si deve confrontare. Nel secolo scorso, i produttori italiani di meccanica strumentale si confrontavano con i produttori tedeschi e pochi altri produttori in Europa Occidentale e Nord America. Ora, ai competitori tradizionali si sono aggiunti quelli dell’Europa centro-orientale e sopratutto i produttori asiatici, Cina in primis. Nel frattempo l’economia mondiale è diventata più volatile (Volatility), incerta (Uncertainty), complessa (Complexity) e ambigua (Ambiguity): il mondo è diventato VUCA.
In un mondo con queste caratteristiche, i vantaggi competitivi di un’impresa possono velocemente scomparire a beneficio di altre imprese.


Nuove soluzioni

Nessuna PMI ha una soluzione per l’iper-competizione: con buona probabilità, questa rappresenterà una delle caratteristiche economiche di questo secolo. Può però migliorare significativamente la sua competitività, in modo da risultare vincente anche in un’arena estremamente competitiva.

Se i problemi dell’impresa originano dalla limitata centralità data al cliente, provare ad esportare senza modificare il proprio approccio è una soluzione che può produrre qualche effimero risultato iniziale, ma non è un passo duraturo verso la risoluzione dei problemi. Quando la soluzione si chiama “Lista clienti”, è molto probabile che l’impresa si trovi a fronte di una delusione. La convinzione che, una volta ottenuto un contatto con un potenziale cliente, la forza del proprio prodotto/servizio (magari supportato dal made in Italy) e qualche arte commerciale possano trasformare il potenziale in un cliente effettivo, svanirà presto, lasciando l’impresa sola di fronte alla domanda “Dove sbagliamo?”.

Affrontare un nuovo mercato può essere, viceversa, l’occasione di mettere al centro il cliente, verificando passo dopo passo la capacità dell’impresa di effettuare questa riorganizzazione e intervenendo prontamente a fronte di risultati non soddisfacenti. Affrontare un nuovo mercato diventa quindi un test cruciale, che rende chiara la relazione tra azioni e risultati. Attraverso questo “test”, l’impresa può verificare continuamente la sua effettiva capacità di mettere al centro il cliente e migliorare quindi il suo approccio ai mercati, ottenendo due benefici:

  • iniziare a vendere sul mercato estero e spesso aumentare le vendite sul mercato interno;
  • mettere a punto nuovi processi che ridefiniscono la propria strategia, organizzazione e approccio.

Se affrontato seguendo le best practice che la letteratura internazionale e manageriale ha definito, un progetto export può quindi diventare il migliore strumento per creare le condizioni affinché un’impresa possa affrontare, con maggiori probabilità di successo, l’iper-competizione che sta caratterizzando questo secolo.