L'analisi delle strategie di impresa si è sviluppata in contesti teorici diversi. La provenienza da aree diverse può generare qualche ambiguità nei concetti e nel linguaggio. Scopo di questo breve articolo è presentare e descrivere una semplice mappa concettuale riguardate lo sviluppo dell'analisi strategica di impresa.
Teoria economica
Una branca della teoria economica, la teoria di impresa, si occupa specificatamente del modus operandi delle imprese. Diversamente dall'area di Business management, l'approccio della teoria economia è prevalentemente descrittivo.
La strategia di impresa ha iniziato ad essere sistematicamente oggetto di analisi economica con gli studi di Edith Penrose sulla crescita d'impresa e la pubblicazione nel 1959 di "The Growth of the firm".
Gli studi di Penrose si sono focalizzati su vantaggi e limiti delle strategie di crescita per via interna o per via esterna (acquisizioni o fusioni). Studiando le strategie d'impresa, Penrose è arrivata alla stessa conclusione a cui arriverà pochi anni dopo Chandler[1], di una prevalenza delle strategie di diversificazione tra le grandi imprese americane.
Business management
L'area di studio del Business management si caratterizza per un approccio più assertivo rispetto alla Teoria d'impresa: se questa studia e descrive il comportamento e i risultati delle imprese, il Bussiness Management studia cosa deve fare l'impresa per risultare vincente.
In quest'area, le prime analisi strutturate si devono al matematico di origine russa
H. Igor Ansoff, che nel 1957 sviluppo la matrice prodotto-mercato, considerando 4 possibili strategie:
- penetrazione del mercato: incrementare le vendite dei prodotti esistenti nei mercati attuali;
- sviluppo del prodotto: sviluppare nuovi prodotti per i mercati già serviti;
- sviluppo del mercato: penetrare nuovi mercati con prodotti esistenti;
- diversificazione: penetrare nuovi mercati con nuovi prodotti.
Il grande balzo in avanti nell'analisi strategica d'impresa si ebbe con Michael E. Porter, quando nel 1980 pubblicò
"The competitive strategy", seguito nel 1985 da "Competitive Advantage: creating and sustaining superior Performance". Porter spostò il focus dell'analisi dall'impresa (corporate) all'area di affari (business), individuando tre possibili strategie generiche di business:
- leadership di costo, conquistata dall'impresa che svolge, con costi minori rispetto a quelli delle imprese concorrenti, tutte le attività generatrici di valore;
- differenziazione: quando un'impresa offre al mercato prodotti/servizi che i clienti percepiscono come unici, e per i
quali sono disposti a pagare un premium price;
- focalizzazione (mercato di nicchia), coniugata alla leadership di costo oppure alla differenziazione: consiste nel concentrare l'azione e le risorse dell'impresa in un’area ristretta del mercato, caratterizzata da omogeneità di clienti, bisogni e possibili soluzioni.
Dall'impresa al cliente
L'analisi strategica di Porter ha come oggetto il business (o area d'affari) e il vantaggio competitivo è ricercato attraverso azioni da compiere sulle risorse dell'impresa. In questo secolo, la crescita dell'importanza del marketing ha spostato l'area di azione della strategia dall'organizzazione dell'impresa al mercato e al cliente.
Con Philip Kotler le opzioni strategiche sono non più alternative l'una dell'altra, ma diventano un mix di scelte, da calibrare per conquistare il mercato.
Anche se non è stato il primo a parlare delle 4P del Marketing Mix, Kotler è certamente l'autore che ha diffuso su larga scala questo modello. Sulla base di questo modello le leve competitive che possono sostenere il successo di un'impresa sono 4:
- Product – Prodotto: raccoglie tutte le azioni per definire e realizzare il bene fisico o il servizio immateriale,
finalizzato a soddisfare il bisogno o desiderio del potenziale cliente;
- Price – Prezzo: richiama le azioni fatte per definire il valore, reale o percepito, del prodotto da parte del cliente;
- Place – Distribuzione: raccoglie le modalità con cui l'impresa mette in condizione il cliente di fruire del prodotto;
- Promotion – Promozione/Comunicazione: raccoglie le azioni compiute per comunicare al potenziale cliente le soluzioni
proposte dall'impresa per soddisfare i suoi bisogni/desideri.
Le diverse facce della diversificazione
Uno dei termini che presenta una elevata ambiguità nell'analisi strategica d'impresa è il termine diversificazione.
Esso, infatti, nasce in tre ambiti diversi che gli attribuiscono sfaccettature diverse. Le sue origine sono:
- nella teoria della crescita di impresa di Penrose e nella storia delle grandi imprese USA di Chandler, dove
il termine è usato per identificare le strategie delle grandi imprese, finalizzate a beneficiare di nuove competenze
e di economie di scala e di scopo;
- nella matrice prodotto-mercato di Ansoff, per descrivere la strategia più complessa,
finalizzata a crescere in termini sia di prodotti/servizi offerti che di mercati serviti;
- nella teoria di portafoglio del premio Nobel per l'economia Harry Markowitz,
che afferma che il rischio di un portafoglio di prodotti finanziari si riduce al ridursi della correlazioni
tra il rischio associato ai singoli prodotti.
Il termine diversificazione richiama quindi obiettivi di crescita se associato alla teoria economica
o al business management, mentre richiama finalità di riduzione del rischio se associato alla finanza.
Non sempre è chiaro dal contesto a quale area si fa riferimento,
generando possibili ambiguità negli obiettivi perseguiti da strategie annunciate di diversificazione.
Il caso più tipico è quando un'impresa decide di entrare in un nuovo paese per diversificare i suoi mercati: l'obiettivo
in questo caso è ridurre il rischio associato a possibili eventi negativi nei mercati in cui già opera, oppure
formare nuove competenze da riutilizzare in altri ambiti?
[1] Nel 1962 Alfred Dupont Chandler, storico economico, pubblicò "Strategy and Structure: Chapters in the History of the American Industrial Enterprise", in cui descrisse una prevalenza di strategie di diversificazione tra le grandi imprese americane.