Come iniziare la vendita di un nuovo prodotto sui mercati esteri? Come intercettare l’interesse dei potenziali clienti nei diversi mercati? Perché il nostro prodotto è vincente sul mercato interno, ma non riesce a consolidarsi sulla scena internazionale?
Queste sono alcune delle domande che le piccole e medie imprese si pongono quando vogliono approcciare i mercati oltre confine. Oppure quando, dopo un periodo di “tentata vendita” all’estero, si accorgono che i risultati sono ben diversi dalle aspettative.
Spesso queste domande sono poi sottoposte anche al consulente per l’export, se l’impresa vi si rivolge. È quanto conferma Pier Paolo Galbusera che, dopo una lunga esperienza in azienda, sia come commerciale estero che come imprenditore, dal 2010 è un libero professionista e lavora a fianco delle piccole medie imprese come consulente e temporary export manager.
Più che le domande, però, sono importanti le soluzioni che il professionista sa dare al proprio interlocutore. Di seguito riportiamo alcune delle domande che Galbusera si è sentito più di frequente rivolgere in oltre dieci anni di attività, corredate dalle sue risposte.
In Italia siamo soddisfatti del giro d’affari. All’estero, invece, abbiamo tanti clienti qua e là, ma senza una presenza importante su alcun mercato. Cosa stiamo sbagliando?
Il motivo per il quale l’impresa non riesce a “imporsi” in nessun mercato di solito è riconducibile a una di queste situazioni:
- L’attività è svolta nei ritagli di tempo, con tanto stop and go, con fiere fatte qua e là: in altre parole, senza una strategia chiara (mercati target, studio del mercato ecc.). Questa è una situazione tipica della piccola media impresa con poche risorse umane – e finanziarie – dedicate.
- Non ci si concentra sui mercati target, ma si disperdono le forze. Oggi c’è un’enorme concorrenza (ipercompetizione) e, se si “spara nel mucchio”, è difficile ottenere risultati significativi.
- Alle volte, però, incontro anche medie aziende che vivono questa situazione. Qui allora la spiegazione va trovata utilizzando il Teorema della Business Idea di Richard Normann (sulla Business Idea di Normann, si rimanda a questo contributo video di Galbusera).
Fino ad oggi abbiamo prodotto componenti per terzi. Ora vogliamo produrre e vendere una macchina tutta nostra. Ovviamente crediamo che questa macchina possa avere un mercato anche all’estero. Ci aiuta a venderla?
In un approccio del genere, ci sono alcuni aspetti che vengono sottovalutati. Essere dei venditori è molto diverso da essere contoterzisti. Con un background di questo tipo, spesso in azienda mancano le risorse umane per alcuni ruoli chiave, non solo commerciali (pensiamo al service). Non da ultimo, è importante investire anche nella comunicazione – ma l’imprenditore che ha un background tecnico non ne concepisce l’importanza.
Molte volte, in situazioni di questo tipo, la scelta migliore è partire dal mercato domestico, così da iniziare a creare delle referenze spendibili poi anche all’estero.
Il nostro è un mercato maturo e conosciamo tutti i player internazionali. In alcuni mercati siamo presenti, in altri meno. Il problema è che non riusciamo a creare interesse nel nostro prodotto da parte dei potenziali clienti/distributori/agenti. Come possiamo fare?
In questa situazione, innanzitutto occorre effettuare un’accurata analisi del mercato e dei concorrenti. Bisogna poi mettere bene a fuoco quali sono i nostri punti di forza – è utile a questo scopo l’esercizio del business model canvas.
Tutto ciò, in ogni caso, deve portare a una strategia che abbia il respiro di qualche anno.