Come avevamo raccontato in un’intervista a Valeria Minasi, consulente export per le PMI esperta del comparto agroalimentare, il settore food & wine rappresenta un noto punto di forza per il made in Italy, dove le piccole e medie imprese giocano un ruolo di primario rilievo.
Per le PMI che intendano abbracciare nuove opportunità di business sulla scena internazionale, può però emergere la difficoltà nell’individuazione del percorso da seguire, rischiando di optare per una tentata vendita con limitate probabilità di successo.
I servizi Export Best Practice prevedono un percorso volto ad accompagnare le PMI ad un efficace posizionamento sui mercati esteri: per l’impresa che per la prima volta approccia lo scenario internazionale, risulta in primo luogo necessaria un’analisi preliminare per valutare se l’impresa sia pronta ad esportare; se invece l’impresa è già presente sui mercati esteri, e mira a migliorare il suo posizionamento, sarà utile approfondire la conoscenza dello scenario internazionale, valutare la presenza di concorrenti, la sostenibilità del proprio posizionamento competitivo, nonché individuare i più promettenti mercati target e formulare una corretta strategia.
Prendiamo, a titolo esemplificativo, il caso della PMI attiva nel settore enologico, e già inserita su alcuni mercati internazionali. Si tratta dei mercati dalle maggiori potenzialità? Ci sono opportunità da cogliere non ancora individuate dall’impresa?
Nel rispondere a queste domande, un ruolo chiave è quello ricoperto dai dati.
L’Overview degli scambi internazionali sulla base dei dati di commercio estero è un fondamentale punto di partenza per ottenere un chiaro quadro del settore. I dati mostrano come la domanda mondiale di vini imbottigliati si collochi su un trend di crescita nell’ultimo ventennio, salvo alcune temporanee frenate. Nello specifico del 2020 si nota, anche per il settore enologico, una contrazione relativa allo shock pandemico (-6% in euro); si stima però una risalita prossima al 10% nel 2021, che porta in chiusura d’anno ad un superamento dei livelli del 2019.
In un’ottica di lungo periodo, il tasso di crescita medio annuo degli scambi mondiali di vini imbottigliati ruota attorno al 4% nell’ultimo ventennio, e sale al 6.5% per il periodo 2022-2025, secondo le previsioni ExportPlanning.
In questo contesto, l’Italia riveste un ruolo di primario rilievo, qualificandosi secondo maggiore esportatore mondiale di vini imbottigliati dopo la Francia. Nel 2021 l’export francese ha superato i 7 miliardi di euro, mentre le esportazioni italiane hanno sfiorato la soglia dei 5 miliardi.
Sul fronte dell’import, sono gli USA a rivestire il ruolo di maggiore importatore su scala mondiale, seguiti da Nord Europa (Regno Unito, Germania, Paesi Bassi) e Canada. Da segnalare anche il ruolo dell’area asiatica, in particolare per i casi di Cina e Hong Kong che, nel 2021, hanno rispettivamente superato il miliardo di euro di import – benchè in rallentamento rispetto ai punti di massimo toccati nel 2017.
Fonte: ExportPlanning.
Quali mercati privilegiare, nel percorso della PMI verso nuovi punti di sbocco? Supponiamo che, per il momento, l’impresa in oggetto abbia toccato soltanto l’ampio mercato USA e i vicini mercati europei di Regno Unito e Germania. Quali ulteriori mercati potrebbero risultare potenzialmente attrattivi?
Il nostro servizio di Market Selection posiziona ai primi posti Canada, Svizzera e Hong Kong, ma anche il piccolo mercato danese. Per l’export di vini imbottigliati italiani, che risulta diversificato in termini di fasce di prezzo, può risultare quindi interessante puntare tanto su mercati come la Svizzera e Hong Kong (che presentano una fortissima incidenza della fascia alta e medio-alta di prezzo nelle loro importazioni), quanto su mercati come il Canada e la Danimarca (in cui tale incidenza orbita invece attorno al 50%), sulla base delle fasce di prezzo in cui si colloca l’impresa.
Se il Canada risulta il maggiore importatore di vino tra i tre paesi considerati, Svizzera, Hong Kong e Danimarca mostrano un valore più elevato in termini di import pro-capite: se nel caso di Hong Kong ciò è riconducibile al ruolo del paese come importante punto di smistamento verso l’area asiatica, nel caso di Svizzera e Danimarca ciò risulta invece strettamente riconducibile ai gusti dei consumatori. A livello di quota di mercato, si segnala infine una rilevante market share italiana in Canada, Svizzera e Danimarca, elemento che suggerisce quindi un significativo interesse per il prodotto made in Italy.
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