Il ruolo chiave dell’Italia esportatrice sui mercati internazionali è da tempo ben noto, e i dati 2021 sulla ripresa post-pandemica dei flussi di commercio estero hanno confermato il suo valore. Come accennato in un precedente articolo, nel 2021 l’Italia ha infatti superato la soglia record dei 500 miliardi di euro di export, confermando la sua posizione come terzo maggiore esportatore tra i paesi europei, e mostrando un notevole distacco soltanto dalla Germania che, come si nota dal grafico, si colloca distintamente in prima posizione.
Ma chi sono le imprese protagoniste dell’export made in Italy?
Nel tessuto imprenditoriale italiano le micro, piccole e medie imprese rivestono un ruolo di primo piano1.
Nello specifico, i dati diffusi da osservatori.net dicono che “Su 4,4 milioni di imprese attive in Italia, le microimprese con meno di 10 addetti” rappresentano “[…] il 95,05% del totale, contro un 0,09% di grandi imprese. Le PMI italiane sono invece circa 206mila, vale a dire il restante 4,86% del tessuto imprenditoriale italiano, e sono responsabili, da sole, del 41% dell’intero fatturato generato in Italia, del 33% dell’insieme degli occupati del settore privato e del 38% del valore aggiunto del Paese”.
Qual è invece il ruolo giocato dalle Micro, Piccole e Medie Imprese per l’export? Per rispondere a questa domanda abbiamo analizzato i dati Eurostat per il 2019, focalizzandoci sull’Italia e sugli altri maggiori esportatori europei. Sono riportati nelle tabelle di seguito i valori dell’export per paese e il numero di imprese attive, raggruppati per classe di addetti.
Fonte: Elaborazioni StudiaBo su dati Eurostat (2019).
Guardando al numero di imprese esportatrici per paese, il primo elemento che emerge con chiarezza è che, nei 6 casi analizzati, la quota dominante è quella delle micro imprese (meno di 10 addetti): tale quota supera infatti il 60% per Germania, Francia, Italia e Belgio, supera il 70% per la Spagna e arriva all’80% per l’Olanda. Di gran lunga inferiore la quota delle grandi imprese, che spazia dall’1% al 4%.
La significativa differenza che emerge tra i paesi considerati è però il peso dei diversi gruppi di imprese per l’export: infatti, nonostante l’elevata quota di micro, piccole e medie imprese, le esportazioni di Francia e Germania sono sostanzialmente in mano alle grandi imprese, dove quest’ultime hanno coperto quasi l’80% dell’export registrato nel 2019.
L’importanza delle grandi imprese va a diminuire per la Spagna (dove è ad esse attribuibile il 58% dell’export del 2019), il Belgio (51%) e soprattutto l’Italia e l’Olanda, per le quali rispettivamente il 45% e il 35% delle esportazioni del 2019 sono attribuibili alle imprese con più di 250 dipendenti.
Focalizzandoci sul caso italiano, i dati Eurostat (2019) mostrano che il 48% delle nostre esportazioni sono state registrate dalle PMI, quota che sale al 55% considerando anche le micro imprese. Confrontando i dati riferiti al 2019 con quelli dell’anno precedente, notiamo inoltre come la quota italiana di export in mano alle micro imprese sia andata ad aumentare, passando dal 5% (20 miliardi di euro) al 7% (27 miliardi di euro), a fronte di una sostanziale stabilità per le piccole e medie.
Conclusioni
Se i recenti dati di commercio estero italiano segnalano un’eccellente performance dell’export 2021, testimoniando una solida ripresa post Covid, l’analisi strutturale delle imprese protagoniste di questo recupero mostra un rilevante peso delle
PMI, fattore che ci distingue rispetto a numerosi partner nel quadro europeo. Per il nostro paese, le micro, piccole e medie imprese appaiono quindi un particolare punto di forza, da valorizzare per il successo sui mercati esteri. A tale fine, risulta tanto più necessario, anche per la piccola impresa, adottare un efficace approccio strategico, che possa accompagnarla alla crescita e al successo sui mercati internazionali.
1. Micro imprese: meno di 10 addetti; piccole imprese: 10-49 addetti; medie imprese: 50-249 addetti; grandi imprese: più di 250 addetti.